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Giovedì 26 Giugno 2014

Sinestesie sul Baltoro

Il cb del Broad Peak dopo il passaggio della spedizione di David Lama
Il cb del Broad Peak dopo
la spedizione di David Lama

Prima di spiegare il titolo del blog di oggi, ecco un breve aggiornamento sui fatti più propriamente inerenti la nostra spedizione. Dopo aver raggiunto ieri il cb del K2 e aver montato il campo, abbiamo (Amin, Tam, Klaus e io) raggiunto oggi il campo base avanzato, lasciandovi un deposito di materiali prima di rientrare alla base. Nello stesso momento abbiamo visto quattro membri della spedizione polacca che salivano al campo uno lungo lo Sperone degli Abruzzi, attrezzato ieri con le fisse dalla spedizione pakistana del 60-enario, composta quasi per intero da alpinisti di Hushe (6 membri) con uno di Satpara e uno del villaggio di Shimshal, per un totale di 8 alpinisti. Gli spettacolari filmati che hanno realizzato Simone Origone e Michele con la go-pro sono già visibili su internet, per cui non invio mie immagini, salvo quella che documenta cosa ha lasciato al campo base del Broad Peak la spedizione di David Lama. Particolare macabro: lungo la via del ritorno oggi ho avvistato i resti di una vecchia tuta di colore blu-rosso semisommersa nel ghiaccio con accanto i resti di uno scarpone. Poco lontano un osso che assomigliava ad una vertebra umana.... Ma oggi preferisco raccontare un episodio accaduto nei giorni scorsi, durante la marcia di avvicinamento al campo base. Mente percorrevo la traccia che si snoda serpentina lungo le pietraie del Baltoro, nell'aria aleggiava una musichetta che ripeteva interminabilmente il ritornello "Om Mani Padme Um, Om Mani Padme Um...". Il motivetto, ben noto a chiunque sia stato a Thamel, era sparato a tutto volume da una radiolina di uno sherpa nepalese, che mi precedeva lungo il sentiero. Stante la difficoltà di superarlo, mi sono sorbito la canzoncina per un bel tratto, sinché, incuriosito, ho interrogato il tale, chiedendogli dove mai stesse andando. Ho così appreso che era diretto al Broad Peak, nell'ambito di una spedizione guidata da sherpa. Dopo aver soddisfatto la mia curiosità, a propria volta mi ha domandato: Sherpa: "Where are you going?" Io: "I'm bound to K2" Sherpa: "And how many members are there in your expedition?" Io: "Three". Sherpa: "No sherpas?", Io: "No sherpas". Ma la presenza di sherpa nepalesi quest'anno in Karakorum non finisce qui. Infatti fra pochi giorni arriverà la spedizione delle 3 sherpani dirette al K2, accompagnate da un numero imprecisato di colleghi. Il senso di straniamento dovuto alla musica nepalese, inaudita sinora sul Baltoro, unito alla così massiccia presenza nepalse, mi ha colpito con la forza di una rivelazione: l'offerta di spedizioni commerciali guidate da sherpa si sta globalizzando e ha travalcato i confini dell'Himalaya per trovare un nuovo mercato sulle montagne del Karakorum. Anche questo è un segno dei tempi.

 

Martedì 24 Giugno 2014

Immondezzaio al Broad Peak

Oggi siamo partiti da Gore 2 e siamo arrivati, con una giornata spaziale, al campo base del Broad Peak. Abbiamo deciso di fermarci qui, anche se manca solo una tappa di 2 ore per arrivare al campo base del K2 per non stancarci troppo: abbiamo pensato che 19 km in salita fossero sufficienti. Con la sfacchinata di oggi abbiamo recuperato 2 giorni. Abbiamo saputo che non siamo stati gli unici ad essere bloccati dall'esercito per "incompletezza del gruppo di permesso", c'è un altro team monco a Skardu che attende i compagni appena arrivati a Islamabad. Qui al cb del Broad Peak abbiamo trovato un immonondezzaio lasciato dalla mega spedizione austriaca di David Lama! Vergogna. A Concordia abbiamo incontrato un giornalista di SKY TG24, Daniele, al seguito della spedizione italo-pakistana K2 60 Anni Dopo e di rientro in Italia. Pettegolezzo: via radio abbiamo appreso che il fotografo degli italiani, già al cb del K2, non vede l'ora di incontrare Tamara. Prevedo che da domani che ce la sequestreranno...

 

Guestbook: Grazie Beppe, grazie don Paolo! Un saluto ai "bambini".

 

Sabato 21 giugno 2014

Paju, il giardino promesso

Askole
Askole

La vista del Baltoro da Paju è stata per noi oggi un sospiro di sollievo, la promessa di quello che verrà, la certezza di essere ormai in vista della meta. Sono passati tre anni dall'ultima volta che sono stato qui. Ricordo la foce del ghiacciaio ripida, imponente. Quello di oggi è invece un fronte che scende dolcemente sino alla pianura alluvionale da cui nasce il Braldo, come se il ghiaccio finale del Baltoro si fosse in qualche modo ridotto. Scrivo in un pomeriggio assolato, all'ombra degli ultimi alberi, degli ultimi rododendri in fiore, dall'ultima oasi di verde prima del mondo bianco-nero-grigio-azzurro che ci attende da domani e per i prossimi 40 giorni. A Paju, oltre alla nostra, abbiamo incontrato una spedizione coreana diretta al G5 e una spedizione internazionale di australiani e rumeni accompagnati da una quantità di sherpa nepalesi, diretta al Broad Peak. Per quanto ci riguarda invece, ora tutto va bene e il morale è ottimo, ma abbiamo passato due giorni terribili che ci hanno fatto invecchiare di anni... Il motivo è che, inaspettatamente, siamo stati trattenuti dall'esercito per due giorni ad Askole, con la minaccia di dover rientrare a Skardu, prima di ottenere, finalmente, ma solo ieri pomeriggio, l'agognato via libera a iniziare il trek.

I fatti: dopo aver ricevuto dal nostro l.o. a Skardu la "green light" e aver raggiunto (non senza aver lottato con frane e ponti interrotti) Askole a mezzanotte, siamo regolarmente partiti per il trek l'indomani. Giunto a Korophong, prima tappa del trek, sono stato raggiunto e bloccato da un messaggero trafelato che mi ha consegnato un biglietto dove ci veniva intimato di rientrare immediatamente. Purtroppo il messaggio non poteva essere ignorato, provenendo nientemeno che dal comando militare. Rientrati ad Askole abbiamo contattato subito col satellitare l'agenzia, che ci ha detto che avrebbero cercato una soluzione. Il giorno dopo ci è arrivato dai militari l'ordine di rientrare addirittura a Skardu. Il nostro ufficiale di collegamento, capitano Ahmed, ci ha detto di essere impotente e di dover obbedire agli ordini (altre notizie sul nostro valoroso l.o. in un futuro post). Grande è stata la nostra costernazione, perché il rientro a Skardu avrebbe in pratica significato la rinuncia alla spedizione. Avremmo infatti dovuto attendere il resto del gruppo con cui condividiamo il permesso (vale a dire la Cleo col suo sherpa e i due bulgari). Ma costoro sono arrivati solo oggi a Islamabad, e questo per noi avrebbe comportato una settimana di ulteriore attesa e quindi la mancanza del tempo necessario per una acclimatazione adeguata per tentare il K2 senza ossigeno. Il motivo del nostro richiamo, come abbiamo appreso una volta rientrati ad Askole, era che, come già vi ho raccontato, a partire da quest'anno le regole sono cambiate. Le spedizioni sul Baltoro possono viaggiare solo se tutti, e ripeto tutti, i membri sul foglio del permesso sono contemporaneamente presenti. Non è più possibile che alcuni partecipanti giungano al campo base in modo autonomo, senza essere acccompagnati dal loro ufficiale di collegamento designato. In passato bastava solo un permesso di trek e una guida locale per ricongiungersi alla propria spedizione (per la quale naturalmente occorreva aver richiesto il permesso a tempo debito). Questo stop and go ci ha colto di sorpresa: immaginate di essere richiamati già alla prima tappa del trek e apprendere di non poter più proseguire ma di dovere invece rientrare e attendere per una settimana l'arrivo, bontà loro, degli altri membri del gruppo. Dopo il primo giorno di telefonate inconcludenti con il capo della ATP, abbiamo scelto di sparare le nostre ultime cartucce: Tam ha chiamato Simone Moro mentre io ho contattato Agostino da Polenza. Entrambi ci hanno gentilmente promesso di fare il possibile. Nel frattempo è stato l'esercito stesso a prospettarci una via d'uscita: se acconsentivamo ad assoldare un secondo ufficiale per la parte del gruppo non presente, avremmo potuto proseguire col nostro. Tutto sembrava risolto, ma un nuovo ufficale costa diverse migliaia di dollari e l'agenzia nicchiava, facendo melina sulla nostra pelle, per così dire. Solo quando abbiamo accettato di farci carico di una parte delle spese (di cui non siamo assolutamente responsabili, non essendo a conoscenza che nel nostro gruppo erano stati inseriti membri "stragglers" cioè ritardatari), la situazione si è sbloccata. Ma intanto abbiamo "perso" due giorni preziosi... Alla fine, vuoi per le pressioni delle nostre potenti conoscenze (che ringraziamo molto per l'interessamento), vuoi perché l'esercito ha alla fine ottenuto ciò che voleva (cioè un secondo ufficiale di collegamento per i restanti membri della spedizione), dopo due giorni di nostro stress il gruppo è stato ufficialmente diviso in due e noi ora siamo diventati una spedizione autonoma di tre membri (Tam, Klaus e io) con un l.o. (il cap. Ahmed) tutto nostro. Tutto è bene quel che finisce bene e a questo punto farsi mungere per qualche altro migliaio di dollari (da dividere tra noi) ci è parso il male minore.

Morale:

1) Le piccole spedizioni indipendenti, come la nostra, di pochi membri dovranno in futuro accollarsi costi maggiori.

2) L'esercito avrà più ufficiali da mandare in Baltoro.

3) I talebani hanno ottenuto ciò che volevano con l'attentato dell'anno scorso al Nanga Parbat e la conseguente militarizzazione del Baltoro (che è da tutt'altra parte).

Se poi il fatto di viaggiare in Baltoro con un ufficiale (disarmato) sia o meno a favore della nostra sicurezza, come ci è stato ripetuto come un mantra, lascio al lettore giudicare...

Prossimo aggiornamento dal campo base.

 

Concludo con la solita nota di gossip, in stile "Per niente candida": un paio di giorni fa ho incontrato a Korophong la mia vecchia guida del Biafo-Hispar dell'anno scorso che stava portando uno zoo (incrocio tra bue e yak) da mezza tonnellata al c.b. del K2. Il motivo? Carne fresca per l'attesa spedizione di sherpa (3 sherpani più un numero imprecisato ma grande di colleghi) al K2. Quando si dice i piaceri della carne...

 

Venerdì 13 giugno 2014

Islamabad, Club Alpino

Mr Ashraf e il presidente del Club Alpino

Le regole, da due settimane, sono cambiate, e tutti quelli che condividono un permesso di salita devono partire insieme, anche se si sono appoggiati ad agenzie diverse. Speriamo - io, Tamara e Klaus - di ottenere una dispensa speciale da un alto ufficiale dell'esercito, che qui ha l'ultima parola. Il nostro intermediario è niente meno che il signor Ashraf, il primo pakistano a salire il K2 nel 1977. Se tutto va bene partiremo tra poco per Besham per raggiungere poi direttamente Skardu entro sabato notte, evitando del tutto Chilas. Islamabad è pattugliata da camionette di militari armati e non si può lasciare la città senza molta burocrazia, carte e permessi... Probabilmente anche noi avremo una guardia armata.

 

Mercoledì 11 giugno 2014

Venezia, porta d'Oriente

Corte Sconta detta Arcana
Corte Sconta detta Arcana

Nel caldo afoso della notte prima della partenza, mi tornava alla mente Corto Maltese e il suo dialogo con Boccadorata, all'inizio di Corte Sconta detta Arcana.

B. "Corto, cosa fai qui fuori?"

C. "Sto pensando che dovrei decidermi a partire, Venezia m'impigrisce".

B. "Venezia è fatta per questo… Ma basta aprire quella porta sul fondo per andartene o ritornare, nel tempo, come in una favola".

C. "Sarebbe bello vivere una favola".

B. "Ma tu vivi continuamente nelle favole, non te ne accorgi più? Quando un adulto entra nel mondo delle fiabe non riesce più ad uscirne. Non lo sapevi?"…

C. " - Che altro fate voi, prima fate dei ladri poi li punite - Non sono mai riuscito a leggere questo libro." B. "Lascia stare, Corto, non ne avresti il tempo. Il tuo oroscopo dice che farai un lungo viaggio avventuroso. Oh sì, sì".

Anche io sto per partire da Venezia alla volta dell'Oriente. E da sempre vivo nelle favole. Sicuramente sto per vivere un'avventura che comunque vada sarà un grande viaggio. A differenza del passato, però, questa volta parto solo, senza il mio compagno d'avventure Adriano Dal Cin. Credo che non sarà tanto la sua presenza fisica a mancarmi, quanto i suoi sovrumani silenzi e profondissima quiete. E scusate se è poco.

 

Giovedì 5 giugno 2014

Vivement K2!

Finalmente K2! Non è l’ultimo film di François Truffaut ma è per dire che, finalmente, degli anni e dei mesi di (im)paziente attesa, oggi non restano che ore e minuti. Il 50% dell’opera è fatto, rimane solo la fatica sul campo (e non sarà cosa di poco conto). Schegge di sole e sapore di cenere, note di grigio e basso d'organo, pane e vetro. E' così che mi sento all’inizio dell’avventura, dopo gli ultimi giorni passati ad anticipare le scadenze dei prossimi mesi, a districarmi da tutti i lacci e lacciuoli che, insieme, congiurano per limitare la nostra libertà. Non mi sono fatto mancare nulla, compreso un blitz last minute nella Città della Grande Lentezza, Roma, per recuperare il passaporto. Almeno ne ho approfittato per salutare gli amici di Largo Grigioni. Tra sei giorni all’aeroporto di Venezia vedrò Tamara Lunger e il suo compagno Nikolaus Gruber con i quali condividerò la logistica al campo base (oltre che il tentativo di salita, inshallah). Ci saranno anche altri italiani al K2 quest'anno per tentare la salita. Alcuni di questi coordineranno il team pakistano supportato da Ev-K2-CNR (e sponsorizzato nientemeno che dalla Moncler!). Gente del calibro di Simone Origone con Michele Cucchi coadiuvati da Daniele Nardi in qualità di documentarista. Non è neppure esclusa una visita dello stesso Agostino da Polenza, a quanto pare. Ma io faccio parte di un'altra parrocchia, per così dire. Per dirla tutta, credo proprio di essere un laico. Ci sarà poi un team composto da tre forti alpinisti greci: Aléxandros Aravidis che ha da poco salito il Makalu e Panos Athanasiadis che si è di recente trasferito a Bologna dove lavora presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e dove ha ottenuto, assieme a me, il patrocinio della locale sezione del CAI: siamo o non siamo "una faccia, una razza"? E ancora ci saranno tre giovani (e carine) sherpani: Dawa Yangzum Sherpa, Pasang Lhamu Sherpa e Maya Sherpa: insieme costituiranno la prima spedizione femminile nepalese al K2. E ancora la neozelandese Christine Jensen Burke, da me incontrata di sfuggita lo scorso autunno a Sama, nei pressi del c.b. del Manaslu, poco dopo la sua vittoriosa salita che ha da alcuni giorni bissato con quella altrettanto vittoriosa del Makalu. E chissà chi altri. Non saremo soli al campo base, quindi. Ma questo, dal mio punto di vista, è solo un bene su una montagna come il K2… anche se non lo è affatto secondo il vecchio Kurt, che mi ha caldamente consigliato di fare immediata retromarcia se mai si dovesse formare una fila di oltre venti alpinisti sul collo di bottiglia… staremo a vedere: per me sarebbe già un successo arrivarci! Il blog entra nel vivo da questo momento, con notizie e pettegolezzi dal fronte, in stile Giovane Holden se proprio lo volete sapere, perché, come cantano i Coldplay, " Where do we go nobody knows…".

 

Domenica 11 maggio 2014

Dedicato ai miei 25 lettori

Scarpa K2 2014 vs K2 2010
Scarpa K2 2014 vs K2 2010

Ancora 30 giorni alla partenza, che saranno presto sbriciolati dal tempo... da oggi, e per i prossimi tre mesi, cercherò di fare una cronaca "dal vivo" del mio ultimo tentativo (e non solo) di salita al K2, a sessant'anni dalla prima ascensione di Lacedelli e Compagnoni. Nel 1954 mancavano ancora otto anni alla mia nascita. Erano tempi in cui su spedizioni di tal fatta ci si giocava l'orgoglio nazionale. Meno di 10 anni fa, per la ricorrenza del cinquantenario, gli italiani giunti in vetta sono stati premiati nientemeno che al Quirinale... Nel 2014 tutto questo sembra già appartenere a un'altra era geologica: dagli eroi mitici si è passati ai pionieri, poi agli epigoni, per giungere infine sull'orlo della serialità. E' arrivato quindi il momento di fermarsi, perché non desidero essere presente quando in Karakorum accadrà quello che già sta accadendo in Nepal, dove da almeno un ventennio le logiche commerciali e di mercato hanno preso il sopravvento (perlomeno presso quella ventina di mete arcinote e sovraffollate, che attirano i forestieri come mosche sul miele). Rileggendo oggi — a ridosso dei recentissimi fatti dell’Everest e del Lhotse — l’articolo che avevo scritto a novembre dell’anno scorso “Nepal: montagne prêt-à-porter” ho constatato come la mia analisi di allora fosse esatta e quanto mai attuale nel sostenere che si fosse chiusa un’epoca. In Pakistan le cose sono molto diverse: solo in Nepal, e in nessun altra parte del mondo, esiste una sorta di casta (gli sherpa) che si sentono “proprietari” della montagna e gli unici con il diritto di sfruttarla.

Tuttavia, anche se sul piano tecnico una salita al K2 non ha più nulla da svelare o rivendicare, credo valga ancora la pena scrivere un diario a puntate, o, come si usa dire con orribile anglicismo, un "blog". L'unica cosa che può fare un appassionato alpinista sul viale del tramonto di fronte ai tempi che cambiano è dare testimonianza di sé, vivendo un'avventura (con la "a" minuscola, nota bene) con entusiasmo e disincanto, in alternativa alla retorica eroica ma con l'ambizione di una più lucida lettura del mondo, a beneficio di quei 25 amici/lettori che nel corso del tempo non si sono ancora stancati di leggere i miei sproloqui, facendomi compagnia. Non a caso, per tanti di noi, la montagna è stata il primo — e forse ultimo — luogo di aggregazione, comunità, condivisione. E quindi è un possibile antidoto in un’epoca di profonde solitudini e disuguaglianze crescenti, come la nostra. Scrivo per me e per loro, perché — parafrasando Enrico Cuccia — gli amici non si contano, si pesano.

 

P.S. Con mia profonda gioia nel pomeriggio mi ha chiamato uno dei 25, Kurt Diemberger, per farmi gli auguri di buona salita e darmi, a modo suo, qualche consiglio... "La ricorrenza dei sessant'anni non significa nulla, è sempre il meteo che comanda. Se trovi venti persone davanti a te sul collo di bottiglia - dove è pressoché impossibile superare - specie se qualcuno si ferma per cambiar bombola, faresti meglio a rinunciare per non arrivare troppo tardi. Ricorda che uno su quattro tra quelli che giungono in cima non torna più indietro". E' bello essere riportati coi piedi per terra da un Grande amico :-)

 

Venerdì 25 aprile 2014

K2 Diamond Jubilee

Giuseppe Pompili
Giuseppe

C'è un demone che ciascuno di noi deve seguire. Il mio si chiama K2. Mi voglio regalare un ultimo tentativo nel 60-esimo anniversario della salita prima di chiudere una volta per tutte con gli 8000, cogliendo questa occasione unica e irripetibile. C'è un tempo per ogni cosa, e non occorre scomodare l'Ecclesiaste per saperlo. Il mio tempo alle alte quote sta finendo e non solo per questioni anagrafiche. Ultimamente mi sento un po' come un dinosauro, un appartenente a un tipo di alpinismo in via d'estinzione. I grandi mutamenti di questi ultimi anni stanno cancellando la figura dell'alpinista medio, non turista d'alta quota ma neppure professionista sponsorizzato. E' perciò che - con intima soddisfazione personale - mi accingo a compiere il mio ultimo tentativo in completa autonomia, anche economica. La libertà ha un prezzo, che in questo caso pago volentieri. La salita avverrà senza l'uso di ossigeno e in stile leggero, lungo lo Sperone degli Abruzzi. Partirò dall'Italia l'11 giugno e sarà possibile seguirmi sul blog che terrò, compatibilmente con le mie risorse. Varrà di più il detto spagnolo che dice: "a la tercera va la vencida" o quello italiano "non c'è due senza tre"?

 

 

 

   
CAI Bologna

Con il patrocinio del Club Alpino Italiano

Sezione di Bologna Mario Fantin